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Nel contemplare le opere proposte non si può non concordare con quanto ebbe ad affermare L. B. Alberti: procura piacere vedere dipinti “luoghi ameni … fiori e fronde ...”. Proprio questo tipo di piacere “estetico” proviamo quando la produzione di un’artista come Maria Grazia Butti parte da particolari realistici, paesaggi o scorci panoramici realmente esistenti e contemplati per trasformarsi in visione trasfigurata alla luce di una sensibilità personale e rappresentata grazie ad una tecnica compositiva veramente apprezzabile sia per la sapiente stesura del colore che per la scelta degli accostamenti cromatici.
Il paesaggio rappresentato ha un grande potere di suggestione in quanto ci trasporta in un’atmosfera di incantata veduta senza precisa definizione temporale, così come la collocazione geografica è puro punto di riferimento per una vaga visione che lo trascende e lo idealizza.
Certo è così per l’acquarello (opera n. 15 “Sull’Adda”) in cui le “macchie” di colore creano un paesaggio dolcemente sfumato ove acqua e vegetazione tendono a confondersi e a rapirci trasportandoci in un mondo di primitiva incontaminata natura.
Gli altri due paesaggi, oli su tela, seppur più definiti hanno, comunque, il pregio di trascendere la precisa determinazione della denominazione geografica per assurgere a simbolo, a luoghi “dell’anima”. Luoghi che ogni spettatore ritrova in sé come visione vista, immaginata, sognata. Così è per l’opera n. 14 -
La nudità come simbolo di desiderio di libertà e di naturalezza? E l’insistere sui corpi tralasciando i volti, come spesso avviene nei sogni, è simbolo di qualche realtà che ci sfugge o che vogliamo ignorare? Anche questi interrogativi ci nascono dalla contemplazione di un’opera pittorica!
(Prof. Vito Antonio Laurino)
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