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La scelta di Maja MIELCARSKA di presentare due copie d'autore, una propria natura morta ed un soggetto realisticamente raffigurato (n. 56), seppur soffuso dalla suggestione del ricordo autobiografico ed affettuoso, è stata coraggiosa ed interessante ed ha avuto notevole riscontro presso il pubblico.
Coraggiosa perché col proporre nature morte si corre sempre il rischio di affrontare un genere spesso considerato, ingiustamente, dal vasto pubblico come produzione artistica minore.
Al contrario la rappresentazione di "Choses mortes et sans mouvement" oltre a richiedere sicuro possesso di tecnica espressiva, trascende la pura funzione decorativa ed il virtuosismo pittorico per divenire, a volte, rappresentazione simbolica della realtà e, a volte, studio di un linguaggio pittorico volto alla ricerca di equilibri formali di tradizione classicista.
Se andiamo a contemplare, osservare ed esaminare le due nature morte notiamo nella n. 59 -
Oggetti usuali e meno comuni o eccentrici nella forma (le lunghe pipe) attirano l'attenzione per la loro collocazione nello spazio prospettico proprio per l'oculata valorizzazione della luce operata dall'artista che nei confronti dell'originale ne ha variato la tonalità e col renderla più vivida ha esaltato le armonie cromatiche degli oggetti.
E qui siamo certamente in linea con la seconda tendenza sopra enucleata. Nella 57 -
Una ricca tappezzeria di caldo broccato (illuminato e valorizzato dal gioco cromatico creato dalla candela) la carnosità della frutta, l'eleganza della caraffa, il misterioso fascino della conchiglia, che sembra volerci sussurrare il murmure del mare, trascendono la rappresentazione realistica per sfumare in soffusa simbologia, in suggerimenti onirici, in vagheggiamenti di atmosfere estetizzanti.
Interessante perché, cambiando totalmente genere di pittura, invita il suo pubblico a rivolgersi all'opera originale di Alfred Wierusz -
Dell'opera 56 -
Situazione che, anche se è più volte riproposta dal pittore Alfred Wierusz-
(Prof. Vito Antonio Laurino)
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