Menu principale:
1° Premio – RITA MUSCARDIN
con la poesia "Come un aquilone"
Commento:
Un profondo canto di dolore questo espresso dalla poesia di Rita Muscardin nella quale si traccia il tormento e la desolazione per la morte di un bambino innocente che, di colpo, si vede rubare l’età più bella, i sogni, i pensieri per il futuro.
A dominare sono immagini tristi, di morte, dove l’elemento del sangue -
Le lacrime, il sangue e il senso d’angoscia si amplificano nel momento in cui sappiamo che la morte del ragazzo avviene proprio in concomitanza con l’entrata della stagione primaverile, tanto da risultarne imbruttita anch’essa.
In questa "favola smarrita" in cui viene infranto il mito dell’innocenza e oltraggiata l’età dell’infanzia, Rita Muscardin ne traccia una "verità [che] si nutre di speranza".
La poesia di Rita Muscardin evidenzia una pagina amara dell’esistenza dell’uomo nel mondo, un atto di inciviltà e di turpitudine di cui il genere umano tutto deve necessariamente tener conto affinché la morte di un innocente non minacci più il rapporto sociale e offenda il Creatore.
2° Premio – TERESA RICCOBONO
con la poesia "Domani forse"
Commento:
La struggente confessione-
La donna, che sembra incoraggiare il bambino a non lasciarsi perdere d’animo in quell’imbarcazione precaria, stipata di gente che contiene al suo interno quell’atavica ricerca di un futuro migliore dalla nostra espresso come "[uno] scafo/ gravido di speranze antiche come schiuma" è anche il mezzo di una paura concreta, di un timore condiviso nutrito dall’insicurezza di quell’imbarcazione.
Come una ninna nanna rassicurante – ma tragica date le particolari condizioni -
La speranza trasmessa da una madre a un figlio è una carezza sul cuore, un estremo atto di amore verso il genere umano e un affido completo nelle mani del Creatore.
"Non avere paura se le onde/ si faranno alte e minacciose", continua la donna favoleggiando per il ragazzo strategie di rimedio e di salvezza.
Non avere paura, c’è la tua mamma qui vicina a te.
"Domani forse" (titolo) finiremo di aver paura.
3° Premio – SALVATORE CANGIANI
con la poesia "Ballata negra" -
Commento:
Un’altra lirica di immigrazione, il cui tema è chiarito già dall’autore dal sottotitolo che recita "Storia di un clandestino".
A differenza della lirica di Rita Muscardin nella quale si fotografa il periglioso momento della traversata del Mediterraneo qui, nella poesia di Cangiani, si tratteggia l’iniqua vita di un clandestino nel nostro paese, sottoposto alle violenze e alle offese, sino all’offesa più atroce, quella dell’assassinio.
L’Italia appare al clandestino prima come un Eden cui giungere, poi, una volta arrivato sul suo territorio si configura come un universo straniante fatto di controsensi, egoismi, soprusi e ciò che Cangiani definisce "i nuovi meccanismi [che] hanno strozzato/ la logica del cuore".
L’italiano e l’europeo in genere ne escono fuori da questa lirica come disattenti, egoisti, insensibili, spregiudicati, incapaci o indolenti nel tendere la mano in maniera sincera, mentre persegue con i paraocchi un percorso in direzione del Dio Quattrino ("l’uomo/ mercanteggia se stesso", scrive il Nostro).
E così, la savana del suo luogo natale, quello spazio in cui "la vita divora se stessa" la ritrova nel nostro Paese sotto diverse forme, ma con un unico denominatore comune: la violenza.
La poesia richiama un fatto realmente accaduto nel 1996 in provincia di Caserta, quello dell’uccisione del 24enne Baba Seidu che, fermato dalla Polizia per un controllo, venne poi trovato ucciso massacrato poche ore dopo, sollevando poi una vera e propria rissa della comunità nera contro le forze dell’ordine da loro ritenuti colpevoli dell’accaduto.